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Immagine del redattoreAchille De Tommaso

LEGGETE "ANTROPOLOGIA DIGITALE"

COME POSSIAMO MANTENERE REALI CONNESSIONI UMANE DI FRONTE ALLA MEDIAZIONE DIGITALE?


Ovviamente non è facile cercare di rispondere a una domanda così sfaccettata entro i confini di un singolo libro; proporrò invece una serie di domande.


1. Cosa rende unici i nostri dispositivi digitali? E, come sono connessi?

In primo luogo, dobbiamo riconoscere il pericolo di cadere nel regno del relativismo. Una discussione relativistica sulla "connessione umana" affermerebbe che i dispositivi digitali non interferiscono con l'interazione umana più di qualsiasi altro artefatto nella storia umana. Infatti, anche le conversazioni faccia a faccia che abbiamo sempre avute, vengono comunque esaminate attraverso una “lente culturale”, il che significa che la connessione umana non può mai esistere al di fuori di un contesto culturale e materiale, o di una cornice.

E’ questa una linea di analisi legittima? Sebbene vi sia certamente un'argomentazione per la mediazione coerente dell'interazione umana nel corso della storia, questo approccio sottostima le implicazioni morali e politiche dei nostri artefatti scientifici e tecnologici. Dobbiamo infatti solo dare un'occhiata in giro per vedere come lo smartphone, un artefatto umano, abbia influenzato in modo significativo il modo in cui comunichiamo. Certamente ha un impatto molto più profondo su come noi umani interagiamo tra noi, rispetto ad esempio alla scatola di cartone o ad una palla da ping pong.

Infatti, potremmo dire che oggi i nostri smartphone, tablet e laptop sono diventati molto più di un artefatto: sono diventati un'estensione di noi stessi. E cosa c’è quindi nei nostri moderni dispositivi digitali che li differenziano dai precedenti, attraverso i quali noi come esseri umani abbiamo vissuto la vita quotidiana? Lo vediamo nel prossimo punto.


2. In che modo le aziende e gli esseri umani interagiscono con i loro dispositivi tecnologici?

Soprattutto della natura dei nostri dispositivi, dobbiamo chiederci cosa ci fanno. C'è infatti un crescente corpo di ricerca scientifica che ci dice che le nostre abitudini, di individui, e la voglia di iperconnettività, ci rendono infelici, nonostante il loro possesso e il loro design ci porti gratificazione immediata. È qui che possiamo chiederci, in che modo i dispositivi tecnologici influenzino le nostre relazioni sociali? Siamo più connessi che mai online, ma questa è vera connessione umana? E per le aziende: una iperconnessione fornisce sicuramente migliore efficienza?


E veniamo ad una possibile risposta. Come sappiamo la natura della mediazione digitale e l'obiettivo generale dell'innovazione nella tecnologia di consumo è quello di ottenere una quantità crescente di velocità, accessibilità e visibilità. In virtù di essere sempre a un clic di mouse o un tocco di un dito di distanza, siamo diventati sempre più impazienti, in quanto ci aspettiamo che le risposte siano altrettanto immediate come le tecnologie permettono che siano. Siamo al limite di accettare che le risposte siano di bassa qualità, purché veloci. Forse sono queste aspettative con cui viviamo, che ci fanno sentire a disagio, e che ci fanno sentire meno noi stessi; meno umani.


3. Qual è la differenza tra 'umano' e 'digitale’, 'reale' e 'virtuale'?

Nel determinare i nostri soggetti, dobbiamo prima capire la differenza tra queste categorie prima di poterle confrontare tra loro, soprattutto perché questa differenziazione sta diventando, oggi, sempre più difficile da fare. I termini come il "biohacking" e il "transumanesimo", che entrano nella psiche pubblica, infatti, pongono questioni che continueranno ad essere sempre più complesse per formulare una chiara risposta. Ma ponendo questa domanda, possiamo cominciare a vedere come queste categorie vengono utilizzate dai tecnologi e dagli innovatori che le impiegano, e naturalmente come esse hanno effetto sul consumatore finale. Come possiamo quindi andare avanti per costruire prodotti che prendano in considerazione tutte le domande di cui sopra? Compresa la necessità di una morale, di un’ “etica digitale”.



Queste domande aperte sono ciò che si pongono continuamente gli antropologi digitali, e dobbiamo riconoscere che un numero crescente di persone in tutto il mondo sta cominciando a porsi domande simili. Le risposte a queste domande ci dovranno far pensare a queste categorie non come innate, ma come riflettenti bisogni e ansie più ampie all'interno della società. La mediazione digitale è qualcosa che dobbiamo affrontare con specificità e con profonda analisi.

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