ANTROPOLOGIA DIGITALE
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Siamo più connessi che mai online, ma questa è vera connessione umana? in che modo i dispositivi tecnologici influenzano le nostre relazioni? E per le aziende: una iper connessione basta a fornIre una migliore efficienza? Qual è la differenza tra 'umano' e 'digitale', 'reale' e 'virtuale'?Nel cercare di capire come queste tecnologie influenzino individui e imprese, dobbiamo prima capire la differenza tra queste categorie, soprattutto perché questa differenziazione appare sempre più specialistica, e diventa quindi sempre più difficile porre le domande giuste per chi non abbia una profonda cultura tecnologica.Ma attenzione: le risposte non possono essere date solo dai tecnologi: le domande coinvolgono tutto il nostro essere e vivere; come l’informazione, l’arte, la cultura, la filosofia, la religione, l’intrattenimento, l’economia, la finanza. E molto altro. E’ importante che chiunque ne sia cosciente. Questo libro aiuta a porre queste domande; e propone alcune risposte.
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INDICE DEL LIBRO
PREFAZIONE: TECNOLOGIA E CONNESSIONE UMANA
INTRODUZIONE: COS’E’ L’ANTROPOLOGIA DIGITALE
CAPITOLO I
IL DIGITALE E LA IPERCONNETTIVITA’ DELLE AZIENDE
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il problema logistico della conoscenza. le telco come anello importante della catena della connettivita’. p.15
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industria 4.0 – sarà una rivoluzione antropologica: vediamo ciò che ci promette p.25
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“industria 4.0” : uno sguardo al di la’ della siepe. p.28
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attenti a non farci distruggere le aziende da industria 4.0 p.34
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l’internet delle cose (IOT) p.36
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antropologia digitale e inclusione digitale p.46
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i robot usati nelle aziende sono “persone elettroniche” e ci rubano la pensione p.51
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rifiuti digitali: ecco cosa troveranno di noi i nostri posteri quando scaveranno, alla ricerca di nostre vestigia; tra migliaia d’anni p.55
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gli schiavi digitali della gig economy p.60
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gli esiliati digitali p.67
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il digitale e i principi morali, dichiarati, ma non osservati p.73
CAPITOLO II
IL DIGITALE E LA IPERCONNETTIVITA’ DEGLI INDIVIDUI
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il motivo del successo dei “social media” p.83
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ma l’uomo digitale é sempre di più asservito ad un “mondo assente” o comunque innaturale p.93
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social media: da soli insieme p.102
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con internet ci hanno rubato il nostro tempo p.100
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come sopravvivere agli odiatori; cioè gli “haters” p.116
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siamo immortali perché siamo digitali? p.119
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come le tecnologie digitali influenzano le migrazioni p.124
CAPITOLO III
GLI SCONTRI TRA TECNOLOGIA DIGITALE E: CULTURA, ARTE, FILOSOFIA, RELIGIONE
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ma come si fa a stracciarsi le vesti per la necessità di competenze digitali, se l'italia ha smesso di investire in “cultura”? p.130
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ripensare il rapporto tra cultura e tecnologia p.135
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l’umanesimo digitale p.141
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può un robot restituire il tuo amore? p.151
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antropologia digitale: il futuro della musica p.156
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cos’è la musica? un miracolo! p.164
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l’uomo digitale, tecnologico, ha forse perso il contatto con la poesia? forse no: scienza e poesia, assieme, possiamo sognare che possano essere le chiavi per la “teoria del tutto” p.168
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natura umana e filosofia antropo-digitale: noi siamo solo mente. corpo, sesso, etnia, sono solo “rumori di fondo” p.183
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la morte è un “ordine” digitale p.194
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il principio antropico e l’immortalità p.199
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antropologia digitale e religione p.203
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il teletrasporto è un problema tecnico o anche etico-religioso? p.212
CAPITOLO IV
RECENTI NUOVI ORIZZONTI TECNICO –SCIENTIFICI RIVELATI DAL DIGITALE
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i buchi neri sono diventati una divertente curiosita’ per l’essere umano odierno, che si ciba sempre di più di tecnologia. fornisco una guida a come fotografarlo p.220
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le onde gravitazionali. p.227
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le onde gravitazionali e la musica delle sfere. p.234
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il paradosso dell’ordine che è contro l’evoluzione p.238
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con la tecnologia possiamo modificare il passato e il presente? p.242
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la materia oscura dell’universo: uno dei grandi misteri della fisica p.251
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la battaglia per chi ha ragione nell’universo p.257
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la meccanica quantistica è una balla pazzesca? p.265
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tutto finirà, con un bel piagnucolio p.275
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QUI DI SEGUITO TRASCRIVO UNA PARTE DEL CAPITOLO PRIMO:
CAPITOLO I
IL DIGITALE E LA IPERCONNETTIVITA’ DELLE AZIENDE
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IL PROBLEMA LOGISTICO DELLA CONOSCENZA. LE TELCO COME ANELLO IMPORTANTE DELLA CATENA DELLA CONNETTIVITA’.
Praticamente, se collegato ad Internet, (quasi) chiunque può acquisire qualsiasi conoscenza e sviluppare ulteriormente le sue competenze; in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo.
C’è e ci sarà sempre di più un “problema logistico della conoscenza”. Forse è contro intuitivo il fatto che, alla disponibilità potenzialmente inarrestabile della conoscenza, si riscontri contemporaneamente che, per merito del crescente sviluppo delle megalopoli nel globo, esse comincino ad attirare milioni di persone e drenare talenti provenienti da regioni meno popolate. Altrettanto preoccupante è la concentrazione di talenti in un piccolo numero di grandi aziende (alcune di queste finanziariamente più forti rispetto a molti Stati). Nel futuro, quindi, avremo i talenti concentrati in alcune aziende, a loro volta concentrate in alcune città del globo.
Quindi come potranno le grandi aziende tecnologiche (e altre organizzazioni) attrarre efficacemente, e trattenere, i talenti; soprattutto se queste aziende sono poste in aree geografiche remote? (il Sud Europa è un’area geografica remota?). Non ho ovviamente una risposta.
Ma veniamo al problema più importante: la dissonanza cognitiva.
Alcuni sicuramente pensano che il destino delle Telco (definirò così gli operatori telefonici) sia quello di realizzare e servirsi di sempre nuove e innovative infrastrutture. Ma con quali risorse umane? Sicuramente non con la tipologia di skill che hanno usato finora.
Come ottimo esempio, consideriamo il 5G. Questa tecnologia promette l’emergere di nuovi servizi; come quelli per le auto e oggetti interconnessi, dati sanitari on-line, sicurezza, avionica, realtà aumentata pervasiva, e così via. Il 5G segnerà un punto di svolta per le aziende, come pensano molti? I servizi IoT e M2M segneranno la positiva evoluzione delle attività umane e industriali?
Forse, e a patto che siano in grado di capire di quali competenze dovranno disporre e come le dovranno utilizzare.
Infatti, in una società sempre più digitale, i dati personali stanno diventando una nuova forma di moneta; e la sfida più grande per le aziende tutte, ma soprattutto le tecnologiche, sarà quella di stabilire la fiducia del cliente che consenta a tale valuta di fluire senza intoppi. Mentre molte industrie tradizionali stanno soffrendo crescite basse o negative, settori ad alta intensità di dati – in cui l’uso di identità digitale è un componente chiave del business – prosperano con tassi di crescita annui compresi tra il 15% (e-commerce) e fino al 100% (applicazioni Web 2.0). Tuttavia, i due terzi del potenziale di generazione di valore – 440 miliardi di euro nel 2020 – è in pericolo se le parti interessate non riescono a stabilire un flusso affidabile di dati (ricordate un paio d’anni fa la notizia del furto di mezzo milione di identità depositate su Yahoo).
Tali servizi, infatti, hanno una serie diversificata di parametri (tecnici, commerciali, normativi ed etici) ancora poco affrontati.
(CONTINUA)
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Vi propongo qui di seguito alcune nozioni circa l'Antropologia Digitale
A Brief Introduction to Digital Anthropology
Eight years ago, one of my undergraduate professors handed me the book Addiction by Design by Natasha Dow Schull. It's a gorgeous ethnographic tale of gambling machines and the people addicted to them.
Addiction By Design
NATASHA DOW SCHULL
It's more than a voyeuristic insight into people who sit at slot machines for 48 hours straight though. The garish floors of Las Vegas casinos become a venue to explore our embodied relationships with machines, the nature of technological dependence, and the potential hazards of mixing algorithmic systems with Capitalist incentives.
The book was my gateway drug into the field of digital anthropology (also known as cyborg anthropology back then), as well as its sister discipline Science and Technology Studies (STS).
I fell for it hard. The way everyone falls for big, intoxicating ideas at twenty-one. Like Marxism or Foucauldian Power or Quantum String Theory. But unlike my other intellectual flings, this one stuck with me.
It let to a thesis on the Quantified Self movement, technological embodiment, and Western Cosmology. I'm still exploring all the same research questions now, just through different means and ends.
After a few professional detours through illustration, web design, programming, and art direction, I'm circling back to my digital anthropology roots.
I've just begun (deferred until 2021) an MSc in Digital Anthropology at University College London.
Which means I'm being asked the question "so... what is digital anthropology?" far more frequently.
What is 'Digital Anthropology'?
Forgive the obviousness of this, but like it says on the tin, it's the intersection of cultural anthropology and digital things.
Let's break these two down, because they're both are open to generous interpretation.
Cultural anthropology is the study of human culture – our narratives, symbols, rituals, habits, beleifs and norms.
Or as Clifford Geertz put it, it's all the webs of meaning and significance we spin for ourselves If you'd like more insightful writings on the nature of culture, Geertz's The Interpreation of Cultures is an essential read.
That might sound pointlessly generic. Plenty of disciplines study culture – sociologists, historians, and economists among them.
What defines Anthropologists is that we study culture through participant observation Anthropologists use all manner of other methods too – surveys, data collection, interviews, mapping, and historical research. But active participant observation is at the heart of the discipline – the act of completely immersing yourself in another culture for a long period of time as both an active participant in it, and an observer of it. You join in the dance, and then analyse what the dance means.
Essentially, we study culture at an "on the ground" level – looking for the individual stories, rich details, particular nuances, and thick description you can only find by spending extended time with people in their daily lives.
As opposed to pointing a telescope at them from afar, bringing them into labs to run hypothetical experiments, or amassing troves of personal data and analysing it for the 'big trends'.
If you want to know more about Anthropology, I can enthusiastically recommend Tim Ingold's short but beautiful introduction Anthropology: Why It Matters.
By digital things I mean objects and systems based on binary logic – the 1's and 0's that run all of modern computing.
Given that digital systems are now pervasive across human societies and take on a million manifestations, it feels a bit trite to try and define it. But this description fits quite well.
It comes from Miller & Horst's essential introduction The Digital and the Human: A Prospectus for Digital Anthropology
Binary code enables us to simplify information down into single bytes that can be easily stored, copied, manipulated, and sent through fibre optic cables at warp speed. It's what makes all modern communication technologies possible. It's also a sufficient catch-all category for the kinds of things Digital Anthropologists study.
We're into algorithms, data, anything to do with the internet, robotics, programming, virtual currencies, the gig economy, wearable devices, ubiquitous computing, and yes, weird subcultures in the dark corners of 4chan.
Or more specifically, we're interested in understanding the cultural symbolism, narratives, beliefs, rituals, taboos, economics, power dynamics, and daily practices around those things.
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